Mi dispiace aver concluso il capitolo precedente con un cliffhanger, perchè Pasha arrivò alla rotonda dieci secondi dopo. Però erano stati dieci secondi di tensione, eh, mica scherzi. Mentre Mick veniva rapito dalla gentilissima signora, Pasha aveva notato l’accaduto, e si era gettato subito all’inseguimento. Ero così contento di vederlo che gli risparmiai il cazziatone per essere arrivato con un anno di ritardo.

Passammo il viaggio di ritorno a Trento in silenzio.

 

Quattro mesi via dall’Italia,
quattro mesi di viaggi
e di precariato
di esperienze di vita
e di limbo.
Perché era quella la vita dei viaggiatori
amici in tutto il mondo
ma non uno vicino
il tutto reso perfino peggiore da Internet
che banalizza la lontananza con il contatto
continuo, così che puoi sempre parlare con qualcuno
ma non puoi berci insieme un caffè.

Volevo quella vita spaventosa
adoravo Pasha e Mick
e avevo paura di diventare come loro.

Penso che fu in quel momento
appoggiato sulla portiera
circondato dalle montagne e dall’oscurità
che presi la decisione

il Bajkal sarebbe stato il mio ultimo viaggio.

 

Poi, arrivati a casa, mi resi conto di non avere le chiavi. Dovetti scalare una parete d’edera, infilarmi in un tombino imbottito di ragnatele, rompere la finestra della cantina e cadere di schiena sul pavimento della suddetta. Stranamente, il completo ne uscì immacolato.

Mi addormentai pensando a quel giaccone di cuoio caldo e ruvido che è la voce di Tom Waits.

Hey, conoscevo questa ragazza, sai, e non…
Si è sposata diverse volte, e non
non voglio finire come lei
Cioè, si è sposata così tante volte
Che c’ha tutti i segni del riso in faccia

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