Riassunto delle puntate precedenti: prendo finalmente coraggio per affrontare la mia vicina di casa, responsabile del mio soffitto gocciolante. La cosa genera inaspettatamente in un’involontaria seduta di sesso citofonico.

“Fottuto traditore.” dissi ad Andrea.

“Colpa tua che non gli rispondi mai, porco.” Mi rispose, spillandomi il primo mezzopintino. Ovviamente stavamo parlando della telefonata di Livio di quel giorno, fatta per mezzo del telefono di Andrea. Un bel trucchetto, mi avevano baggianato per benino.

“Come se tu gli rispondessi ogni volta.” Dissi, difendendomi dalle sue vili accuse.

“Che tu ci creda o no, gli rispondo davvero ogni volta, sei solo tu che ti perdi tutte queste straordinarie occasioni di business. Tieni, questa è fatta con la purea di lampone.” 

Andrea mi allungò una mezza pinta di birra rosa fosforescente.

“Questa poi chi vi ha dato la ricetta, la Barbie?” Chiesi.

“Bevi e sta zitto. Allora, sei pronto per guidare i minibus?”

“Non sono nemmeno sicuro che Livio sappia cos’è un emiro. Comunque anche questa finirà nel nulla, come al solito. Ti ricordi di quando voleva lanciare quella linea di magliette per carlini? Chi ne ha sentito più nulla?”

“Non ho intenzione di supportare questo livore per il povero Livio e il suo spiccato senso per gli affari. Piuttosto, come va con la goccia dal soffitto?”

“Le gocce dal soffitto. Stamattina è comparsa una seconda chiazza. Della forma del Canada.”

“Che forma ha il Canada?”

“Alcuni dicono che è a forma di foglia d’acero.”

“Sarebbe divertente se tutti gli stati fossero a forma del loro piatto nazionale. L’italia sarebbe un’isola-pizza in mezzo al mediterraneo.”

“La Germania un wusterone puntato contro la Francia. Il che renderebbe ancora più umiliante la loro sconfitta nella seconda guerra mondiale. Comunque lo sciroppo d’acero non è l’unico prodotto gastronomico del Canada. Lo sapevi che in Quebec fanno un piatto come si chiama Poutine, e si legge Putin come il presidente della Russia?”

“Non lo sapevo. Comunque non posso credere che sei ancora in ballo con quella chiazza d’acqua dopo più di ventiquattrore, fra poco ti troverai con il bagno del tuo vicino nel tuo salotto. Non mi stupirei se tornassi e ti trovassi una voragine nel soffitto.” Disse Andrea dall’alto della sua laurea in ingegneria civile. “Ma sei riuscito a parlare con il vicino?”

“Con la vicina, l’ho… conosciuta, sì.”

Mi zittii, probabilmente arrossendo. Andrea notò l’improvviso cambio di colore, e anche lui smise di parlare, iniziando invece a fissarmi come per capire che problema avessi. Mi parve di risentire il gemito di Emme. Abbassai imbarazzatissimo lo sguardo.

“Perchè avverto una strana tensione sessuale in questo silenzio?” chiese Andrea, leggendomi il pensiero con il suo settimo senso da barista.

“Buona questa birra, grazie per il consiglio Andrea.” Dissi, cambiando disinvoltamente il discorso.

“Ti sei fatto la tua vicina?” Mi incalzò Andrea, chiaramente non notando la mia disinvoltura. L’eterna questione: il sesso telefonico è sesso o mera telefonata?

“Non ne sono sicuro.” Dissi.

“Dicono che non ci sia cosa più sopraffina.”

“No che non lo dicono.”

“Edda, racconta! Perché mi tieni sulle spine?”

“Okay, è una storia strana, vedi…”

“Possiamo avere una birra per favore?” disse una voce alle mie spalle, interrompendo miracolosamente quella che prometteva di essere una spiegazione imbarazzante per tutti i presenti. Io e Andrea ci voltammo.

Davanti  a noi si trovavano due esseri umani magri, con occhiali rotondi e taglio di capelli sbarazzino che cozzava con il loro volto in un modo che non sapevo spiegare, come un bikini su una donna che pesa 100 chili. La loro magrezza era accentuata dai loro vestiti super aderenti. E so che nei romanzi non si descrivono due personaggi alla volta, ma loro erano davvero identici, tanto che ora li farò parlare insieme.

“Certo, volete provarne una con la purea di lampone?” Chiese Andrea.

“Certo, basta che non sia con la cannuccia.” dissero, e si misero a ridere. Anche Andrea si mise a ridere, ma era chiaro che nessuno aveva capito la battuta.

Due boccali si riempirono e si posizionarono davanti ai due nuovi arrivati, e fui abbastanza sicuro che il primo loro sorso avvenne con la stessa coordinazione di una manovra di nuoto sincronizzato.

“Buona?” chiesi io.

“Sì, però dopo dobbiamo tornare a casa presto.” risposero. 

“Ah, quindi non potete bere troppo?”

“Possiamo, però abitiamo qui vicino.”

“Bene, allora tornare non sarà un problema.”

“Eh, sapessi… almeno il lavoro non manca.”

Mi zittii. Feci una rapida mappa mentale della conversazione appena svoltasi, e mi convinsi che non aveva avuto alcun senso.

“Certo.” dissi, e mi voltai di centottanta gradi. Quando ignori l’orso, l’orso ignora te, dicono. Fu inutile.  

“Tu invece stai bene?” mi chiesero, in un modo inaspettatamente accorato, con una familiarità che non so bene da dove fosse saltata fuori, dato che era la prima volta che li vedevo.

“No, gli entra l’acqua in casa.” disse Andrea al posto mio. 

“Ah, ma acqua naturale?” chiesero. Rimanemmo tutti in un imbarazzato silenzio per qualche secondo.

“No, gocciola dal soffitto, penso da casa del mio vicino. Ho provato ad andare da lui l’altro giorno ma diciamo che non era in casa, quindi niente, ora ho due catini pieni d’acqua in salotto.” Spiegai.

“Beh dai, almeno ci si diverte.” dissero.

“Come? No, non proprio.” dissi io.

“Una volta ho avuto un problema simile, con il cane.” dissero.

“Ah sì? Che vi gocciolava il soffitto?” chiesi.

“Ma sai, alla fine è la stessa cosa.” Dissero. Stavo per dire che non è assolutamente la stessa cosa ma venni sopraffatto dall’attanagliante futilità di quella conversazione. “Poi non puoi sempre essere tu a decidere. A volte no, proprio non ti passa più. Però c’è sempre la famiglia, e su loro si può contare, a meno che…” si interruppero.

“A meno che?” chiesi.

“A meno che non c’abbia il motorino. Che se hai la macchina è un conto, ma ormai chi se la può permettere una macchina, con questa crisi. Io per esempio ieri ho mangiato pizza a pranzo, e non è che volevo.” dissero.

“Sì, chiaro, l’hai fatto malvolentieri.” dissi.

“Più che altro involontariamente. Non dico che non me ne sono accorto, ma alla fine si fa quello che si può, e il resto conta relativamente.”

Annuii, con il mio cervello che annaspava nell’iperspazio, cercando di strappare anche solo una stilla di significato dalla ragnatela del caos. 

I due si alzarono.

“Ci mancherà questo posto, quando non ci sarà più.” dissero.

“Ma abbiamo cinque mesi fa.” disse Andrea.

“Esatto.” dissero loro, annuendo con un sorriso. Poi, se ne andarono fuori.

Io e Andrea ci guardammo.

“Non pensavo se ne sarebbero andati più. Che torrone ci hanno tirato.” disse Andrea. Torrone. Decisi che avrei chiamato i due nuovi clienti i Torroncini

“Che cosa c’è nel Poutine?” Mi chiese Andrea.

“Sono tipo patatine ricoperte di salsa e formaggio. Però la salsa è calda, così tutte le patatine diventano molli e inzaccherate.”

“Ma almeno il formaggio si scioglie e fila, no?”

“No, è un tipo di formaggio che non si scioglie.”

“Non ha molto senso.”

“No Andrea, non ce l’ha.”

つづく

Un pensiero su “T per Torrone

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